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Cronaca
La storia

Parla Giuseppina, portata in Romania dalla sua badante: «Mangiavo patate ogni giorno, vivevo in una casa dal tetto di paglia e il bagno era in cortile»

Il racconto di quanto vissuto dalla donna di Castagnole Lanze in balia della sua badante per otto anni

«Sono ancora frastornata da quanto mi è successo, mi mancano le mie cose e i miei vestiti ma di una cosa sono sicura: voglio dire a tutte le persone anziane di fare molta attenzione quando assumono una persona che deve occuparsi di loro. Prima di prendere una badante devono informarsi bene su chi è e non devono fidarsi alla cieca. Per questo motivo ho accettato di rilasciare interviste e andare in tv, perché la mia storia sia di esempio e possa salvare qualche altro anziano da brutte avventure come la mia».

A parlare è Giuseppina, 79 anni, la vedova di Castagnole Lanze (il cui delizioso accento ligure tradisce la sua origine) vittima di una badante romena agli arresti domiciliari da giovedì scorso con l’accusa di circonvenzione di incapace e di autoriciclaggio.

Giuseppina è ospite da novembre della residenza San Giovanni diretta da Carla Rabellino che si assicura, insieme al resto del personale, che la donna possa ritrovare la serenità persa dopo gli otto anni in balia della badante.

Tutto è cominciato nel 2015, quando Giuseppina è rimasta vedova di suo marito, Dante Cortese, originario di Castagnole Lanze dove insieme alla moglie era tornato a vivere appena andato in pensione dopo una vita passata a gestire una delle migliori erboristerie di Genova.

«Anche io ho lavorato, non con lui, ma nel personale amministrativo di un liceo scientifico di Genova – ci tiene a precisare Giuseppina – Non abbiamo avuto figli e siamo sempre stati l’uno per l’altra. Lui era un bravissimo erborista, io ho imparato tantissime cose sulle proprietà delle piante quando lo accompagnavo a raccoglierle in montagna».

Abitavano già a Castagnole da una decina di anni, nella casa di frazione Valle Tanaro, quando la malattia di Dante li ha costretti ad affidarsi ad una badante.

«Si è fatta avanti questa donna romena ed è entrata in casa nostra poco prima che mio marito mancasse» racconta Giuseppina. Quel tanto che bastava, però, secondo le accuse, per capire che per la donna, la morte del suo Dante aveva aperto una voragine.

Cosa è successo alla morte di suo marito?

Tutti mi chiedono come ho potuto finire in una situazione del genere. Lo spiego in poche parole: la perdita di Dante mi ha gettato in una depressione grave, con un dolore e un peso che mi ha annullata. Avevo la mente completamente vuota e facevo tutto quello che mi diceva lei. Forse anche per paura di restare sola al mondo. Non ero io, non ero in grado di vedere le cose come stavano realmente.

Si ricorda quando ha accettato di andare in Romania?

Sì, mi sono lasciata convincere con l’idea che cambiare un po’ aria mi avrebbe fatto bene. Non sapevo che invece lei aveva già pianificato tutto. In Romania mi ha portata in una pensione per anziani, una specie di casa di riposo abusiva. Un posto brutto, sporco, dove c’era un’assistente per dieci persone. E dove si mangiava malissimo: a colazione un po’ di thè con qualche fetta biscottata e a pranzo e cena sempre solo patate con un sugo terribile che mi ha anche provocato problemi di salute. Lei era tornata in Italia, ci sentivamo solo al telefono e là ogni tanto veniva sua madre a trovarmi.

Lei ha chiesto di andare via di lì?

Certo, ma non mi dava ascolto. Fino a quando, visto che mi stavo ammalando, è venuta su e mi ha proposto di uscire da quella pensione e di andare a vivere a casa di sua madre. Io quella donna la conoscevo, mi sembrava una persona perbene e pur di andarmene da quel posto ho accettato.

Quindi è andata a vivere dalla madre della sua badante, vero?

Sì, alla periferia della città di Tulcea, sulle rive del Danubio. Sono stata lì per sette anni.

In che condizioni viveva?

Era una casa di campagna, con il tetto di paglia e fuori un cortile infangato in cui scorrazzavano tanti animali. Dentro c’era una cucinotta, una camera da letto in cui vivevano i genitori della badante, il cui padre era malato, e la mia cameretta. Il bagno, molto modesto e piccolo, era esterno e di inverno era freddissimo. Mangiavo meglio che nella pensione, ma sempre cibi molto poveri perché si trattava di una famiglia in cui lavorava solo la donna e viveva con pochi spiccioli. Perché la figlia mica le mandava i soldi dall’Italia, faceva vivere in povertà anche i suoi genitori. Però non posso parlare male di sua madre, perché ho capito che ha sempre fatto di tutto per tirare avanti.

In questi otto anni non è mai tornata in Italia?

Sì, qualche volta ma per 4-5 giorni, non di più. Giusto il tempo che serviva a lei per far vedere che ero ancora viva e che stavo bene. Ma non era così, anche perché poco per volta stavo riprendendo in mano la mia vita e cominciavo a vedere più chiaramente come stavano le cose.

Quando è stata l’ultima volta che è tornata a Castagnole Lanze?

Questa estate, a luglio, ed è stato terribile. Ho visto tutti i cambiamenti che erano stati fatti alla mia adorata casa, quasi non la riconoscevo più: erano spariti dei mobili, altri erano stati spostati, la mia camera da letto non c’era più e al suo posto lei si era fatta il suo studio. Ma sono stati due cagnolini a salvarmi da tutto.

In che senso?

Un giorno lei si è arrabbiata perché due suoi cagnolini che vivevano in casa mia erano usciti fuori. Lei quei cani li teneva sempre in terrazza, non li faceva mai correre e io ho difeso la loro voglia di libertà. Ne è nata una lite furibonda che si è aggiunta a quelle dei giorni precedenti in cui io le chiedevo conto dei cambiamenti fatti nella mia casa. Alla fine l’ho spinta via dalla mia camera e ho chiamato i carabinieri perché avevo paura di averla in casa, convinta che mi avrebbe aggredita. Di lì è partito tutto.

Cos’altro ha scoperto nelle settimane seguenti?

Che in casa mia ci avevano abitato degli sconosciuti, che con una parte dei miei soldi aveva comprato una tabaccheria a Santo Stefano Belbo e che non erano mai state pagate le bollette e tutte le altre spese della casa. Lei, quando ero in Romania, mi assicurava che si stava occupando di tutto mentre invece non aveva saldato nulla e così io mi sono trovata con la casa al freddo, senza luce e con tantissimi arretrati da pagare.

In più tutti i miei vestiti, le mie foto e i miei effetti personali sono rimasti in Romania a casa di sua madre. Spero che me li spediscano, sono tutti i ricordi che mi sono rimasti.

Agli atti vi è una procura speciale e altri documenti a sua firma che autorizzavano la badante ad operare su tutto il suo patrimonio. Lei ricorda perché li ha firmati?

Ripeto, perché io, in quel momento, ero completamente fuori di me, in preda alla depressione e non sapevo cosa stessi facendo. Mi sono fidata della persona sbagliata.

 

(Nella foto la signora Giuseppina con Vittorio Introcaso, inviato di Raiuno)

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