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Cronaca

Processo Barbarossa: serviva il permesso delle “famiglie” anche per fare i furti

Il racconto in aula di un uomo di Costigliole taglieggiato perchè accusato di aver sottratto 5 mila euro ad un anziano

Le mani su Costigliole

Anche per fare i furti serviva il permesso del “clan” che aveva messo le mani su Costigliole.
E’ questo quanto è emerso alla terza udienza del processo Barbarossa che si è tenuta al tribunale di Asti sulle infiltrazioni ‘ndranghetiste partite da Costigliole e propagatesi fino al capoluogo.
Il pm Cappelli, della DDA piemontese, ha sviscerato uno dei capi di accusa che più avevano fatto presa sull’opinione pubblica al momento degli arresti.
La vicenda risale all’estate del 2016 quando ad un novantenne che viveva in un appartamento a Costigliole ma aveva una casa di campagna in una frazione del paese, erano spariti tutti i mezzi agricoli ricoverati nel magazzino della cascina.

Ruolo di intermediario

L’uomo non ha più potuto testimoniare perché è mancato due anni dopo ma al suo posto ha parlato la figlia. «Una vicina di casa riferì che a portare via tutta la roba era stato un ragazzo che aiutava di tanto in tanto mio padre a fare l’orto insieme ad un altro che aveva la disponibilità di un furgone con la gru per caricare il ferrovecchio – ha detto in aula – Sapendo che Sandro Caruso (imputato n.d.r.) era amico di entrambi, gliene parlai e lui si offrì di combinare un incontro al campo sportivo per tentare di riavere indietro almeno quegli attrezzi che mio padre utilizzava ancora. E in effetti anche lui invitò i due a restituire gli attrezzi, visto che conosceva bene mio padre, assiduo frequentatore del campo da calcio».
Ma gli attrezzi non tornarono e neppure quei 5 mila euro che risultavano prelevati dal conto dell’anziano e che la figlia scoprì erano stati prestati al ragazzo che aiutava il padre nell’orto.
Sempre Caruso le consigliò di rivolgersi al fratello di questo ragazzo. «E così feci e il fratello si presentò a casa mia e dopo qualche giorno mi restituì circa 2 mila euro». Caruso, presente in aula come ad ogni udienza, ha sempre ribadito di essersi interessato solo per fare un favore al novantenne.

 

«Devi darci la metà del bottino per aiutare i parenti in carcere»

Ma quello stesso episodio ha anche un’altra narrazione che è quella fatta in aula dal protagonista, ovvero il ragazzo che portò via i mezzi al novantenne.
Conosciuto alle forze dell’ordine per una serie di reati contro il patrimonio, l’uomo, nel ruolo di testimone e mai indagato per quel fatto, ha negato di aver rubato le attrezzature dicendo che l’anziano voleva disfarsene e negò anche di averlo raggirato per ottenere quei 5 mila euro che invece gli erano stati dati dal novantenne “in prestito”.
Raccontò anche che la notizia di quanto successo era arrivato alle orecchie degli Stambè e una sera Caruso si presentò a casa sua e lo fece scendere in strada perché Salvatore Stambè gli doveva parlare. «Mi disse che sapevano del furto di mezzi e di soldi all’anziano e che avrei dovuto darne a loro almeno metà, ovvero 2500 euro perché non avevo chiesto il loro permesso. Mi disse che io non potevo fare furti a Costigliole perché in paese erano loro a comandare. I soldi servivano per aiutare i famigliari detenuti in carcere. Io non ero per niente tranquillo. In paese si sapeva che questa gente qua non aveva riguardo per nessuno, tutti avevano paura di loro».
L’uomo ha raccontato di essere stato più volte avvicinato per sollecitare il versamento di questa “quota” e che aveva così paura di averne parlato con la madre che, pur di soddisfare almeno in parte le richieste, aveva venduto anche l’oro di famiglia racimolando circa 1500 euro.
«Ho avuto a lungo paura che picchiassero me e che facessero del male alla mia famiglia. Un giorno, sempre Salvatore, venne a casa mia dicendomi che se non avessi consegnato i soldi mi avrebbe “portato a Tanaro”».

Giulio Calosso, avvocato di parte civile dei Comuni di Costigliole e Asti

 

Parla il comandante dei carabinieri

 

Fra i testimoni dell’ultima udienza anche il maresciallo Michele Sarcinelli, comandante della stazione carabinieri di Costigliole. E’ stato chiamato dal pm a raccontare di due episodi analoghi, ovvero di spari di notte contro auto parcheggiate, che hanno attinto le vetture di due persone che avevano commentato l’altra sparatoria più inquietante, avvenuta tre giorni prima contro le vetrate del Bar del Peso mentre il proprietario era ancora dentro che faceva le pulizie.

Testimonianza di un tifoso fatta di “non ricordo”

Piena di “non ricordo”, invece, la deposizione di un tifoso particolarmente focoso dell’Asti Calcio, già citato per l’udienza precedente ma assente non giustificato tanto da dover essere accompagnato dai carabinieri a quella di martedì scorso.
L’uomo aveva partecipato ad una manifestazione contro la presidenza di Pierpaolo Gherlone (imputato n.d.r.) ma venne “ripreso” da Giuseppe Catarisano (imputato già condannato in abbreviato sempre nell’ambito di Barbarossa) che, in un’intercettazione ascoltata in aula, gli disse chiaramente di fare in modo che i tifosi rimanessero “coperti e allineati”. Telefonata dai contorni per nulla chiariti a causa dei tanti vuoti di memoria dell’ultras, nonostante i ripetuti richiami all’obbligo di dire la verità fatti dal presidente Elisabetta Chinaglia.
All’udienza di martedì ha assistito anche una classe dell’Istituto Monti nell’ambito di un progetto di educazione civica. Come sempre presenti in aula le telecamere dell’Associazione Libera che sta riprendendo tutto il processo.
Prossimo appuntamento il 17 dicembre per l’ultima udienza dell’anno.

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