Avrebbero potuto aprire una gioielleria con tutti gli oggetti d’oro, d’argento, le gemme preziose e gli orologi che i carabinieri di Trento li accusano di aver rubato nel giro di meno di un anno, dall’aprile del 2019 al gennaio del 2020.
Loro sono cinque uomini di etnia sinti arrestati questa mattina fra Alba ed Asti.
Sono Sonny Lebbiati, 29 anni di Alba, Clayton Artusio, 26 anni residente a Magliano Alfieri, Giovanni Movilia, 38 anni residente ad Asti, Dimitri De Caro 50 anni residente ad Alba, Danilo Previato, 56 anni residente anche lui ad Alba.
Sono 26 i furti che vengono loro addebitati, tutti messi a segno nelle province di Trento e Brescia. A questi si aggiunge la rapina avvenuta a Cavedine, provincia di Trento, del quale deve rispondere il solo Sonny Lebbiati, accusato di essere entrato nella casa di due anziani, con una pistola alla cintola e, dopo averli immobilizzati bloccando le braccia e tappando loro la bocca, si è portato via un Rolex dell’uomo, un orologio Cartier della donna e poi un notevole bottino in altri gioielli.
I furti sono in parte stati portati a termine con tecniche “tradizionali”, ovvero l’introduzione in casa attraverso l’effrazione di porte o finestre e, usando un flessibile le cassaforti sono state aperte e svuotate di gioielli ma anche di buoni fruttiferi e denaro in contanti.
In altri casi, invece, la refurtiva veniva servita già bella e pronta dalle stesse vittime perché due della banda si presentavano come falsi addetti dell’acquedotto incaricati di controllare la qualità dell’acqua potabile e invitavano i padroni di casa (sempre anziani e spesso soli) a mettere tutti i preziosi in frigorifero per evitare di danneggiarli.
L’indagine, che ha preso il nome di “Revenge”, ovvero vendetta delle vittime nei confronti dei “predatori”, è stata condotta dalla Compagnia di Cles con l’accusa di associazione a delinquere per furto e rapina.
I carabinieri trentini hanno accertato che la banda di sinti piemontesi usava auto sempre diverse per arrivare fino in Trentino e lì, per avere il tempo di scegliere accuratamente le loro vittime, aveva affittato anche un alloggio intestato ad un prestanome.
Le auto usate viaggiavano con targhe clonate e quasi mai si trovavano nei pressi delle case scelte come obiettivo; spesso veniva usata una moto per arrivare, colpire e poi darsi alla fuga.
Il capo carismatico della banda è stato individuato in Sonny Lebbiati presente a tutti i furti. Lui, secondo i carabinieri, era quello che dava le disposizioni per il reperimento delle auto e per realizzare dei vani nascosti in cui custodire gli ingenti bottini in oro. Sarebbe stato sempre lui, inoltre, il falso addetto all’acquedotto grazie al suo “carisma e alle sue abilità nel carpire la fiducia delle vittime”. Poteva contare, sempre secondo la ricostruzione dei carabinieri, su Previato, la sua “spalla”.
Artusio svolgeva prevalentemente ruoli di autista, palo, esecutore materiale e reperimento di auto con targhe clonate mentre l’astigiano Movilia è accusato di aver procurato le auto usate dalla banda per andare in Trentino e di essersi preoccupato di realizzare i vani nascosti dentro le vetture oltre che di aver partecipato direttamente a qualche furto in abitazione. De Caro era un prestanome delle auto con targhe clonate e gli sono contestati alcuni dei furti ricondotti alla banda.
Proprio le auto usate per recarsi in Trentino sono state il bandolo della matassa dal quale è partita l’inchiesta. Come spiegano i carabinieri: «Le indagini dei Carabinieri di Cles sono risalite alle identità dei rei grazie all’attenta analisi dei siti internet –dediti alla vendita di autovetture di grossa cilindrata- identiche a quelle con targhe contraffatte, utilizzate per questi reati e tramite il raffronto di annunci e estrapolazioni dai sistemi pubblici di videosorveglianza, gli investigatori sono riusciti a individuare il gruppo piemontese, di origini sinti, gravitante su Alba (CN) e Asti, che aveva rapporti con il proprietario dell’auto riconosciuta. La presenza di personaggi legati al mondo dei furti, tra cui un Sorvegliato Speciale di Pubblica Sicurezza, ha consentito quindi di avviare i successivi servizi di osservazione e pedinamento, con il supporto di attività tecniche e intercettazioni, che hanno condotto a raccogliere gravi e concordanti indizi di colpevolezza a loro carico».
Daniela Peira
Una risposta
Per cortesia pubblicate in chiaro le foto di questi “galantuomini” perchè tra poco tempo saranno nuovamente in libertà e potranno riprendere il loro lavoro con la consueta “dedizione e professionalità”….almeno potendoli vedere in faccia si potrebbe fare un minimo di attenzione, grazie.