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Il soprano Erika Grimaldi torna all'Alfieri
Cultura e Spettacoli

Il soprano Erika Grimaldi torna all’Alfieri

Abbiamo intervistato il giovane soprano astigiano: «Mi esibisco in tutto il mondo, ma il mio legame con Asti è forte»

«Negli ultimi anni non ho trascorso lunghi periodi ad Asti, perché sono stata spesso fuori città per lavoro. Ma ho sempre percepito tanto calore e affetto nei miei confronti. Spero quindi che l’appuntamento di domenica sia una buona occasione per riunire tutti coloro che hanno desiderio di ascoltarmi».

A parlare è Erika Grimaldi, 36 anni, soprano astigiano protagonista di una prestigiosa carriera che l’ha portata ad essere conosciuta in tutto il mondo e a cantare con i più grandi direttori d’orchestra, da Riccardo Muti a Daniel Oren, nei teatri di tutto il mondo, da San Francisco ad Hong Kong, da Londra ad Abu Dhabi. Basti pensare, tanto per citare alcuni esempi, che nel 2011, all’Opera di Roma, è stata diretta da Riccardo Muti nel “Nabucco” di Giuseppe Verdi, in occasione della celebrazione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. E che l’anno scorso si è esibita nel tempio della lirica, “La Scala” di Milano”, interpretando “Giovanna d’Arco” di Verdi e riscuotendo un grande successo da pubblico e critica.

Ora la cantante lirica si esibirà domenica 26 febbraio, alle 17 al Teatro Alfieri di Asti, in un concerto gratuito aperto a tutti. L’occasione è la consegna, da parte dell’Amministrazione comunale, del Sigillo d’oro della Città di Asti, ovvero la massima onorificenza attribuita ai personaggi pubblici astigiani che sono stati capaci di portare nel mondo i valori del territorio. L’appuntamento è stato promosso dal Comune in collaborazione con l’Associazione Amici della Musica Beppe Valpreda.

Soddisfatta di questa iniziativa?

«Sono onorata di ricevere questo riconoscimento a conferma di come il legame che mi unisce ad Asti sia forte. Il Teatro Alfieri è il luogo perfetto per questa occasione in cui la lirica si unisce al territorio. Invito fin da ora tutti gli appassionati a trascorrere insieme questo momento e far notare come Asti possa essere una città viva ed attenta ai suoi abitanti e alla musica».

Quale il programma del concerto?

«Accompagnata al pianoforte da Carlo Caputo, maestro collaboratore del Teatro Regio di Torino, con cui ho lavorato varie volte, proporrò brani d’opera, musica sacra, musica religiosa e alcune sorprese».

Da artista protagonista di una prestigiosa carriera, qual è il suo rapporto con la sua città?

«Buono. Sono contenta di come sono considerata dai miei concittadini. Soprattutto negli ultimi anni ho vissuto poco la città, essendo molto spesso via per lavoro, soprattutto all’estero. Però quando torno e cammino per la strada percepisco calore e affetto, con le persone che mi fermano per chiedere quali saranno le mie prossime esibizioni».

Negli ultimi anni la carriera l’ha portata a diventare tra i più giovani e affermati soprani a livello internazionale. Ma facciamo un passo indietro… Quando ha cominciato? Com’è nata la sua passione per la lirica?

«Il mio approccio con la musica è stato grazie al pianoforte, che avevo in casa. A 5 anni ho chiesto di imparare a suonarlo e ho cominciato a prendere lezioni al conservatorio astigiano. Dopodiché la musica mi ha accompagnata per tutta l’adolescenza. In particolare, a 16 anni mi sono avvicinata, un po’ per gioco, al canto. Rendendomi conto di possedere questa voce (da soprano lirico puro, ndr) mi sono avvicinata a quello lirico. Così è scoppiato l’amore anche verso questa disciplina artistica, tanto che mi sono diplomata nel 2001 in canto lirico e nel 2003 in pianoforte al conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino”. Erano anni in cui sognavo di fare la cantante e in cui ho perfezionato lo studio con il soprano Gabriella Ravazzi e ho seguito vari corsi di perfezionamento con Renato Bruson, Claudio Desderi, Ernesto Palacio e Bernadette Manca di Nissa».

Come ha fatto per farsi conoscere?

«Ho partecipato a numerosi concorsi, in cui ho ottenuto buoni riconoscimenti che mi hanno fatta apprezzare nell’ambiente. Nel frattempo, però, ho frequentato il corso di laurea in Giurisprudenza, in modo da avere un “paracadute” nel caso in cui la carriera non fosse andata come speravo».

Quali le tappe principali della sua carriera?

«La tappa fondamentale è stata sicuramente il debutto al Teatro Regio con “La Bohème” di Giacomo Puccini nel 2008 (dove si è distinta nell’interpretazione di Mimì, ndr). Poi le prime esibizioni a livello internazionale, conseguenza del fatto che ero riuscita a farmi conoscere ed apprezzare nell’ambiente».

Come si trova all’estero? Come viene accolta nei teatri stranieri?

«Gli stranieri riconoscono che l’Italia è la patria e la culla dell’opera lirica, ma spesso, in particolare negli Stati Uniti, sono mossi da un certo campanilismo che li porta a considerare gli artisti stranieri in “secondo piano” rispetto ai connazionali, nonostante riconoscano le nostre qualità. Inoltre la cosa che stupisce è che l’opera, all’estero, presenta alcune attualizzazioni, per esempio a livello di scenografia, cui non siamo abituati (una tendenza che, però, comincia a diffondersi anche da noi). Per esempio, se il libretto cita un lume, in scena viene proposta una pila; se si parla di una lettera viene mostrata una mail sul telefono cellulare, e così via.

Comunque le tournee all’estero sono importanti sia perché danno soddisfazione sia perché, purtroppo, l’arte e la cultura in Italia sono settori piuttosto in crisi».

C’è stata qualche figura particolarmente importante per la sua carriera?

«La persona cui sono più grata in assoluto è il soprano Gabriella Ravazzi, protagonista di una carriera di successo e attualmente insegnante. L’ho conosciuta nel Duemila e non l’ho più lasciata. Appena posso vado a Genova da lei per ripassare, soprattutto quando ho una parte nuova da studiare. Se un cantante non studia e non si confronta sempre, infatti, è perduto. Inizia ad accumulare errori che, da impercettibili, diventano gravi».

Quale è il personaggio cui è più affezionata?

«Quello di Mimì de “La Boheme”. E’ il personaggio del mio primo grande debutto e quello che finora ho interpretato di più».

Ha mai interpretato brani di musica contemporanea?

«Ho eseguito brani a cavallo tra i due generi, ovvero “Sabato del villaggio” di Ferruccio Busoni e “La donna serpente” di Alfredo Casella. Mi piace, a patto che non siano appartenenti al moderno estremo. In sostanza io interpreto brani di contemporanea (molti dei quali sono atonali, ndr) minimamente legati alla tonalità, altrimento faccio fatica perché non sono così specializzata».

Parliamo del futuro, adesso. Come sarà il suo 2017?

«A fine marzo sarò a Salerno per il “Requiem” di Giuseppe Verdi, diretta dal maestro Daniel Oren. Poi, a maggio, sarò a Monaco di Baviera per il “Guglielmo Tell” di Rossini, mentre a giugno starò un mese e mezzo a San Francisco per “La Boheme” di Giacomo Puccini, in cui interpreterò Mimì. Personaggio di cui vestirò i panni anche al Festival di Edimburgo in estate, mentre a novembre sarò a Torino per “Falstaff” di Giuseppe Verdi».

I programmi per il 2018?

«Sto ancora valutando, ma penso che rimarrò maggiormente in Italia».

Lei è diventata mamma lo scorso dicembre della piccola Esther. La sua nascita ha portato a cambiamenti nei suoi programmi?

«Finora no. Sono stata molto fortunata. Venti giorni prima del parto sono andata a New York per il “Requiem” di Verdi. Mi sentivo bene, piena di forza sebbene un po’ più affaticata. Poi, a gennaio, mi sono esibita al Regio di Torino nei panni di Nedda, la protagonista femminile di “Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo. Lo ripeto. Sono stata fortunata. Mia figlia è brava e dorme di notte, ma non è merito mio, non le canto niente (ride, ndr). L’idea, comunque, è quella di portare la piccola Esther con me in occasione delle tournee».

Elisa Ferrando

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