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Ipotesi al vaglio

Asti-Chivasso: al posto della ferrovia una pista ciclabile?

Protocollo d’intesa tra il capoluogo e diversi comuni lungo la tratta per uno studio di fattibilità, ma l’architetto Currado spiega perché sarebbe un errore strategico

È stata pubblicata sull’albo pretorio del Comune di Asti la bozza del “Protocollo d’intesa” tra la città capoluogo e diversi comuni per il recupero del sedime ferroviario in disuso “Asti-Chivasso” nell’ottica di una sua riconversione a pista ciclabile. Ad aderire al protocollo sono state le amministrazioni di Chiusano, Cinaglio, Cocconato, Cortanze, Cossombrato, Cunico, Montechiaro, Montiglio Monferrato, Murisengo, Robella e Settime i cui rispettivi paesi sorgono lungo la tratta ferroviaria, sospesa dal 2011, che potrebbe essere trasformata in una ciclabile sebbene non in maniera irreversibile. Il protocollo è necessario per avviare uno studio di fattibilità «al fine di esplorare la possibilità tecnico-economica di un diverso utilizzo trasportistico della linea ferroviaria, in particolare la tratta passante per i Comuni in elenco, senza comprometterne in modo irreversibile un futuro riutilizzo per la circolazione dei treni».

Ma è chiaro che la riconversione rappresenterebbe la fine di ogni possibile tentativo di riattivare il servizio ferroviario da e per Chivasso. «Una linea – racconta Giovanni Currado, rappresentante del bacino Asti-Alessandria nel CDA dell’Agenzia della Mobilità regionale – che aveva funzionato molto bene fino agli anni ‘90, ma poi, a causa della disattenzione generale di tutti, perse di appetibilità a causa di servizi sempre più rarefatti, con soventi sostituzioni di treni in favore dei bus e passaggi troppo diradati. È chiaro che definire non funzionale una linea nelle condizioni in cui era negli ultimi anni è un errore perché l’Asti-Chivasso rappresenta una ferrovia molto appetibile per i pendolari, per i turisti e per chiunque avesse necessità di viaggiare verso Milano prendendo il treno proprio a Chivasso».

Secondo il protocollo le amministrazioni firmatarie «avvieranno nel breve periodo una prima progettualità specifica, che possa costituire una prima azione strategica verso la valorizzazione del territorio e delle emergenze naturalistiche che accomunano i territori. In particolare l’azione che si intende avviare è riferita alla realizzazione di una pista ciclabile o di altre forme di mobilità, volte a valorizzare il territorio e garantire una maggiore sicurezza stradale». Ma ciò che serve, secondo Currado, è «rifare un vero piano di mobilità sostenibile per il bacino delle terre UNESCO».

«Ben vengano le piste ciclabili, – continua Currado – ma su un’infrastruttura che trasporta centinaia di tonnellate non ha molto senso, considerando che a fianco esistono delle strade che potrebbero essere usate proprio a tal scopo. Nel 2019 abbiamo festeggiato i 170 anni della ferrovia Torino-Asti, nel 2023 celebreremo i 170 anni di tutta la linea Torino-Genova, prima linea commerciale a doppio binario d’Italia. L’UNESCO esiste perché abbiamo saputo far conoscere i nostri vini grazie alle ferrovie che sono nel DNA del Piemonte. Per questo -conclude Currado – sarebbe utile che ci fosse un confronto prima di prendere la decisione di trasformare l’Asti-Chivasso in una pista ciclabile. Dobbiamo guardare alla Lombardia dove il Tpl funziona bene con un solo abbonamento per quasi tutti i mezzi pubblici. Lungo le ferrovie funzionanti si creano condizioni di sviluppo e si ferma lo spopolamento dei paesi. Poi ben vengano le piste ciclabili, ma non al posto dei treni».

[sopra il passaggio dell’Asti-Chivasso in corso Ivrea – Immagine di repertorio]

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2 risposte

  1. Sarebbe bello avere una ferrovia, dove già c’era.
    Capisco che, se nessuno la utilizza, diventa una spesa stupida.
    Ma i ciclisti non possono pedalare ai giardinetti?

  2. Se si ragiona in termini di puro PIL, ha pienamente ragione l’assessore regionale ai trasporti ad opporsi alla ri-apertura delle linee ferroviarie sospese ed alla loro trasformazione in piste ciclabili.

    Dette trasformazioni infatti:
    – generano investimenti e spese per i piemontesi
    – lasciano intatto l’elevato parco auto circolante (dopo il Lussemburgo siamo la nazione più motorizzata d’Europa)
    https://www.gazzetta.it/motori/la-mia-auto/21-11-2020/italia-seconda-numero-auto-ogni-1000-abitanti-3901039945070.shtml in quanto gli autobus, costretti ad arrancare nello stesso traffico automobilistico, non sono mezzi di Trasporto Pubblico Locale appetibili
    – lascia invariati gli alti tassi di di usura delle strade, di incidentalità, di consumo di carburante, di inquinamento
    (la pianura padana rimane la zona più inquinata d’Europa https://images.app.goo.gl/HR8oRLKD8WrTnaXQ6
    con tutte le benefiche positive e continue ricadute sul PIL.

    Inoltre, quando gli effetti del cambiamento climatico si faranno sentire SUL SERIO anche in Europa ed i governi saranno COSTRETTI obtorto collo a prendere provvedimenti seri per decarbonizzare i trasporti, il PIL avrà un ulteriore rimbalzo in avanti, per il tempo necessario a:
    – smantellare le piste ciclabili realizzate sui sedimi ferroviari
    – ripristinare traversine e binari
    – installare le catenarie
    – ri-sistemare le stazioni ferroviarie
    – organizzare le stazioni per ospitare parcheggi protetti e videosorvegliati per bici/monopattini
    – ….

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