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Attualità

L’Astigiano escluso dalla denominazione “Nocciola di Langa”: e i sindaci non ci stanno

Nel nuovo disciplinare la zona consentita è fino a Calamandrana. Rimangono fuori tutti gli altri comuni del sud e del nord astigiano

Tagliati fuori

Il mondo corilicolo astigiano è in fermento. A scatenare la bagarre la decisione del Consorzio Nocciola Piemonte di escludere gran parte dei noccioleti che si trovano sulla sponda sinistra dei due principali corsi d’acqua che scorrono in provincia, Tanaro e Belbo, dalla nuova denominazione “Nocciola di Langa”.
Un nuovo marchio, dopo il “Tonda e Gentile”, che dovrebbe tutelare ancora di più il prodotto caratteristico delle colline del sud Piemonte.
Iniziativa lodevole dopo il pasticciaccio che due anni fa vide protagonista l’UE con il nuovo registro delle coltivazioni arboree e che mise in allarme istituzioni e coltivatori: la possibilità di poter impiantare e, dunque, produrre il gariglio tipico della regione subalpina in tutti i Paesi del mondo. Svista che mobilitò parlamentari e governo, tanto che dopo mesi di battaglie il testo europeo subì una vigorosa correzione.
Ora per i corilicoltori di una bella festa dell’astigiano arriva la nuova doccia fredda.

Il disciplinare si ferma a Calamandrana

Contenuta, stavolta, in un codicillo del nuovo disciplinare che dovrebbe tracciare il nuovo profilo della cultivar. Il testo, infatti, nel disegnare la mappa di coltivazione di quella che dovrebbe rappresentare l’eccellenza della trilobata, ha lasciato fuori buona parte dei noccioleti a nord e sud di Asti. Arrivando dalla Provincia di Cuneo lungo il Belbo sarebbero compresi della zona d’eccellenza i comuni sulla sponda sinistra del fiume, da Canelli a Rocchetta Palafea fermandosi a Calamandrana. Così per le colline che si estendono sulla sponda sinistra del Tanaro, ossia i comuni a nord del capoluogo, molti dei quali ad alta vocazione corilicola. Fuori anche Costigliole mentre ne farebbe parte Castagnole Lanze. L’astigiano conta oltre 2500 ettari dedicati alla piantagione del nocciolo, in continua crescita, con più di duecento aziende che operano nel settore.
La protesta non si è fatta attendere.

E i sindaci si arrabbiano

Una ventina di sindaci, dalla fede politica trasversale, si sono incontrati sotto un unico e condiviso slogan: noi non ci stiamo. Simone Nosenzo, primo cittadino di Nizza, è arrabbiato. «Vorrei sapere che differenza c’è tra i noccioleti impiantati a Calamandrama e quelli che crescono a Nizza? Nessuna. Eppure, il nostro comune è rimasto fuori». Sulla stessa lunghezza d’onda Giovanni Borriero e altri colleghi che non ci stanno. «Non comprendiamo questa divisione territoriale così netta – aggiunge Nosenzo -. Se fosse stato un territorio ristretto avremmo potuto accettarlo, ma qui si abbracciano porzioni regionali ampie variegate».
Eccezioni espresse, anche in modo variopinto e veemente, in una riunione alla quale erano presenti e vertici del consorzio. Che, sulla questione, sono apparsi timidi e poco inclini ad accettare variazioni. «Abbiamo suggerito, in quell’incontro, di ampliare l’area ai territori Unesco – rivela il sindaco di Nizza -, ridenominando il progetto con “Nocciola Langhe, Roero e Monferrato”». Tutto scritto, finito in una lettera inviata alla assessorato regionale e al consorzio. «Un primo atto formale. Se non verremo ascoltati, andremo avanti» assicura Simone Nosenzo.

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