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Il viaggio di Yevhen che ha salvato tutta la sua famiglia
Cronaca
Testimonianza

Dall’Ucraina ad Asti: il viaggio di Yevhen che ha salvato tutta la sua famiglia

Una fuga durata due giorni attraverso 800 km di strade, in auto e a piedi, evitando le bombe

Sono le 17 di ieri quando, in un alloggio nei pressi di piazza del Palio, incontriamo la prima famiglia ucraina fuggita dopo l’invasione delle truppe russe.

Yevhen M. e la moglie Svitlana M., entrambi di 35 anni, sono stati protagonisti di una rocambolesca fuga in auto, poi a piedi, per 800 chilometri, insieme ai loro tre figli: Daniil, 15 anni, Vitalii, 9 e il piccolo Denys di appena 2 anni.

Abitavano nella zona di Nova Kakhovka dove i russi si sono impadroniti di un’importante centrale idroelettrica e di un acquedotto strategico per tutta la zona di Oblast’ di Cherson.

Durante la prima notte di bombardamenti, intorno alle 5, sono stati svegliati dagli ordigni fatti esplodere dai russi e non hanno avuto alcun dubbio che l’unica decisione da prendere fosse scappare verso il confine con la Polonia.

«Ho detto a mia moglie di prelevare pochi beni e di vestire i bambini mentre io andavo a prendere l’auto che era parcheggiata a circa un chilometro di distanza – racconta Yevhen facendoci vedere le foto agghiaccianti di quello che è successo vicino a casa sua – Poi siamo saliti in auto e abbiamo preso la strada per Cherson. Abbiamo chiesto ai nostri genitori se volevano venire con noi, ma hanno deciso di restare». A tradurre il racconto di Yevhen è la fidanzata del cognato, il fratello di Svitlana giunto in Italia tre anni fa.

Quello della famiglia di Yevhen è stato un viaggio da incubo durato oltre due giorni attraverso città e luoghi bombardati, con gli aerei russi pronti a sganciare ordigni sugli aeroporti che si trovavano lunga le zone strategiche.

«Avevamo già intenzione di trasferirci in Polonia, – continua Yevhen – mentre in questo caso è stata l’unica via di salvezza. Quasi 24 ore di viaggio per arrivare a 25 chilometri dal confine polacco, poi abbiamo camminato a piedi per altri 20 e per circa 18 ore».

Immagini terribili quelle viste dalla sua famiglia tra morti, profughi di guerra in cammino verso ovest, bambini che piangevano e, come se non bastasse, al freddo e con i soli vestiti che si erano messi per la fuga.

Ad attenderli oltre il confine c’era il cognato Dmytro K. che li aspettava per portarli al salvo fino ad Asti.

«Purtroppo, al confine, ho corso il rischio di non poter lasciare l’Ucraina a causa della legge che impone agli uomini di restare nel Paese – continua Yevhen – Per fortuna mio cognato Dmytro mi ha mandato un articolo della norma che consente ai padri con almeno tre figli di lasciare la nazione. Così, siamo passati in Polonia e abbiamo riabbracciato Dmytro».

Anche nella zona del confine non sono mancati scene strazianti come quella di una donna che ha iniziato il parto, ma che poi è morta travolta dalla folla.

«Prima di tutto li ho portato a lavarsi e cambiarsi – aggiunge Dmytro – Quindi siamo saliti in auto e abbiamo viaggiato dalla Polonia alla Cecoslovacchia, quindi in Austria per poi tornare in Italia. Purtroppo mia sorella e mio cognato non hanno potuto portare con loro mia figlia piccola che è dovuta restare con i nonni. Spero che si possa fare qualcosa per farla venire presto in Italia».

Mentre Yevhen racconta l’incredibile viaggio che ha fatto per salvare la sua famiglia, il piccolo Danys inizia a giocare con un camioncino, dono di alcuni amici che si stanno prodigando per dare loro i primi aiuti. La famiglia di Yevhen andrà a vivere in un paese del nord Astigiano per ripartire da zero. Ma con una certezza: «Siamo ucraini, come lo sono i miei figli – conclude – Non siamo russi e non vogliamo che la nostra nazione venga sottomessa da Putin».

[foto Billi]

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