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Bava: "Estero? No grazie, il mercatodi riferimento è l'Italia, centro nord"
Cultura e Spettacoli

Bava: "Estero? No grazie, il mercato
di riferimento è l'Italia, centro nord"

Giulio Bava è il nuovo presidente delle bollicine “alte”. Da pochi giorni è stato nominato a capo del Consorzio di produttori dell’Alta Langa, vino spumante metodo classico “orgoglio piemontese” per eccellenza. «Il mercato di riferimento – spiega – è quello interno, del Centro Nord. Il Piemonte ha autorizzato 12 ettari di vigneti in più»

E’ uno dei vini di cui andare orgogliosi e il Piemonte sta velocemente scoprendo il fascino e il gusto delle bollicine dell’Alta Langa. Un vino prodotto da uve Pinot Nero e Chardonnay che può essere messo in vendita solo millesimato e coltivato in vigneti sopra i 250 metri (di qui la denominazione di “alta”) nelle province di Asti, Alessandria e Cuneo. Un vino che offre una notevole ampiezza dei profumi e complessità, a cui si arriva dopo un affinamento che dura da un minimo di trenta mesi in avanti, in bottiglia. L’Alta Langa, come ogni vino che si rispetti, ha un consorzio che proprio da pochi giorni ha un nuovo presidente: Giulio Bava, che succede a Lamberto Vallarino Gancia.

Bava, enologo, già presidente dell’Assoenlogi Piemonte e Val d’Aosta, è titolare con la famiglia della centenaria Giulio Cocchi, produttrice di spumanti da 122 anni con un marchio di vini aromatizzati di alta qualità. Dalle sue colline di Cocconato, Bava raccoglie il testimone di un progetto che nell’ultimo anno ha puntato molto sul far conoscere l’Alta Langa nelle fasce di ristoratori ed enotecari di medio-alto livello. Con la campagna “L’Alta Langa si beve in “grande”, il Consorzio ha dato una forte sterzata alla promozione delle bollicine piemontesi con un’operazione di marketing che ha coinvolto il notissimo designer Giugiaro autore di una nuova forma di bicchiere studiata apposta per assaporare al meglio questo vino.

«Una campagna di promozione che ha già dato molti riscontri positivi -commenta Giulio Bava- e che ha riportato di grande attualità lo spumante metodo classico, riconoscendo la sua validità nel corso della storia. Dopo una prima fase in cui, grazie alla massiccia presenza sui media abbiamo ricordato ai piemontesi che esiste l’Alta Langa, ora siamo in una fase mirata all’offerta di degustazioni a ristoratori e giornalisti, il trait d’union fra produttori e consumatori finali».
Per tutti gli altri vini, la parola d’ordine è “export”, vale anche per l’Alta Langa?
Non ho ancora avuto modo di confrontarmi su questo aspetto con il resto del consiglio di amministrazione, ma direi che l’estero non è il primo obiettivo del Consorzio. Perchè l’Alta Langa è un prodotto fortemente legato al territorio e nel suo territorio deve trovare la sua diffusione principale e ideale. Per essere “orgoglio piemontese” deve prima di tutto essere conosciuto nella sua Regione.
E oggi non lo è?
Il Piemonte rimane per ora la regione in cui è più venduto, seguito da una discreta diffusione in tutto il centro nord e con alti gradimenti a Roma.

Ci sono abbastanza bottiglie per soddisfare la richiesta odierna?
Nonostante la crisi perdurante, di Alta Langa invenduto non ce n’è. Se di bottiglie ce ne sono nelle cantine dei produttori è solo perchè hanno deciso di trasformarle in riserva. Proprio per questo abbiamo ottenuto dalla Regione la concessione per l’allargamento della superficie vitata con circa 12 ettari in più da qui al 2015. Per capirci, si tratta di 120 mila bottiglie che potranno essere prodotte in più rispetto ad oggi.
Nuovi produttori o gli stessi del Consorzio che chiedono nuovi impianti?
Un po’ tutti e due, anche se noi auspichiamo che si allarghi sempre di più la base produttiva dell’Alta Langa. Già oggi ci sono molti bravi produttori di metodo classico senza denominazione che potrebbero essere intercettati per l’Alta Langa».
Vino che ha anche un buon riconoscimento economico.
Una bottiglia, al consumatore, costa dai 18 ai 30 euro.

Daniela Peira

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