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Attualità

Asti: dove mettere i malati Covid così da liberare interi reparti dell’ospedale?

Sindacati e politici lanciano proposte, molto diverse tra loro, con l’obiettivo di sgravare l’ospedale e rimettere in funzione interi reparti

Malati Covid: tante ipotesi sul loro trasferimento in strutture dedicate

Premessa: l’ospedale di Asti ha riconvertito a “Covid zone” tanti reparti sacrificando l’ordinaria operatività pre emergenza sanitaria. Il numero di ricoverati e soprattutto la riabilitazione richiedono spazi che, normalmente, sono dedicati ad altri malati, agli interventi chirurgici e a una serie di attività che l’ospedale deve al più presto riattivare. L’unica strada è alleggerire il Massaia dalla presenza di pazienti Covid, quelli che hanno un quadro clinico non preoccupante o già in via di guarigione. Ma dove metterli?

Per giorni l’amministrazione comunale ha lavorato sull’ipotesi ex Clinica San Giuseppe, oggi Rsa, ma come un fulmine  a ciel sereno è arrivato, all’ultimo momento, lo stop da parte della Regione per motivi di sicurezza. Circa 40 i pazienti che si vorrebbe ospitare nella nuova Rsa, oggi completamente ristrutturata. Il no, non si sa quanto temporaneo, della Regione ha fatto andare su tutte le furie il sindaco di Asti Maurizio Rasero che ha lanciato pesanti accuse all’assessore alla sanità Luigi Icardi il quale, poco dopo, ha risposto a tono.

Mentre il futuro politico dell’assessore regionale sembra sempre più traballante a causa dai risultati di una gestione dell’emergenza tutt’altro che ineccepibile (tra accuse incrociate, attacchi della minoranza, inchieste televisive, tensioni nell’unità di crisi e nella stessa maggioranza, specie dopo l’arrivo del nuovo capo della task force regionale Ferruccio Fazio al quale il Governatore Alberto Cirio ha chiesto di pilotare il Piemonte in questa Fase 2), ad Asti sono tornati a salire i contagi, ci sono ancora morti per/con Covid (una distinzione imbarazzante) e bisogna trovare in fretta una soluzione.

Tante idee, molto diverse tra loro, come diversi sono i soggetti che le hanno proposte.

La CGIL li vorrebbe alla Casa di Riposo, ma la UIL a Verduno

La CGIL, ad esempio, chiede che i malati di Covid siano trasferiti in un’apposita ala della Casa di Riposo “Città di Asti”, separata dal resto della struttura e con personale dedicato. Al termine dell’emergenza l’area dovrebbe, sempre stando alla CGIL, essere riconvertita in Hospice o post acuzie. Ma portarli nella Casa di Riposo di Asti è, secondo la Uil, un’idea del tutto sbagliata “che pone gravi rischi per gli ospiti della struttura e per lavoratori e che difficilmente potrebbe essere operativa in tempi congrui rispetto all’emergenza in corso”.
“Come Uil – ribattono dal sindacato – riteniamo che occorra non inseguire estemporanee proposte, ma lavorare su quanto esiste come ad esempio la struttura Ospedaliera di nuova generazione di Verduno, oggi utilizzata a mezzo servizio. In merito all’investimento per la ristrutturazione della Casa di riposo esiste un tavolo aperto con l’assessore Cotto, il Commisario Camisola e le OO.SS.; già abbiamo chiesto un maggior impegno e coinvolgimento alla Fondazione Banca di Asti e all’Asl per concordare un’iniziativa/progetto per gli anziani del territorio, nonché creare una struttura d’eccellenza dedicata alla cura, alla riabilitazione e all’assistenza di disabilità temporanee e permanenti: un affidabile punto di riferimento per il territorio e le famiglie. L’emergenza non può essere utilizzata per motivi meramente strumentali, mettendo in gioco la salute e sicurezza di ospiti e lavoratori”.

Il Movimento Civico Galvagno difende l’ipotesi San Giuseppe e rilancia con l’ospedale di Nizza e gli hotel

Diversa la posizione del Movimento Civico Galvagno nell’attuale maggioranza di governo cittadino. Al suo interno c’è l’assessore alla cultura Gianfranco Imerito, noto medico sportivo, che si è confrontato con il suo gruppo per tracciare possibili soluzioni al problema. Per il Movimento Civico Galvagno bisogna procedere con il piano A: trasferire 40 pazienti Covid nella Residenza San Giuseppe. Il piano B, che potrebbe diventare un’estensione del piano A, è l’utilizzo dell’ospedale di Nizza, dotato di radiologia, per un totale di circa 60 posti letto. Non bastasse c’è anche il piano C, l’utilizzo di hotel inattivi oppure già aperti “da convertire in struttura di riabilitazione post-guarigione” per circa 30-40 posti.

“In tal modo – spiegano dal Movimento Civico – sarebbero in breve tempo nuovamente disponibili presso il nostro ospedale un cospicuo  numero di posti di degenza che permetterebbero la progressiva  ripresa della normalità nei reparti e negli ambulatori. Le risorse per il personale aggiuntivo dovranno necessariamente essere reperite all’interno dei finanziamenti regionali   annunciati recentemente dalla Regione.  Nel quadro delle iniziative per contrastare il Coronavirus – conclude il Movimento – si  ritiene altresì indispensabile rafforzare il rapporto con i medici di famiglia che sono i primi sanitari a venire a conoscenza dei soggetti colpiti, a segnalarli all’Asl, a gestire sul territorio i casi meno gravi che fortunatamente sono la maggioranza, e quei pazienti in via di guarigione”.

Il PD: “Cos’è successo nel pasticcio della San Giuseppe?

Anche il Partito Democratico, tramite il capogruppo in Consiglio comunale Maria Ferlisi, interviene sulla partita e lo fa analizzando lo stallo in cui si trova l’ospedale di Asti dove sono circa 150 i ricoverati positivi al Covid che occupano i reparti di medicina, ortopedia, otorinolaingoiatria, chirurgia vascolare, malattie infettive, urologia.
“Cosa è davvero successo nel “pasticcio” della San Giuseppe? – chiede la consigliera Ferlisi – Perché, il sindaco Rasero e l’assessore regionale Icardi invece di insultarsi via social e attraverso i giornali, non spiegano ai cittadini i fatti? Mi risulta che per ben 2 volte le Commissioni di vigilanza avessero dato l’ok ai trasferimenti verso la San Giuseppe, dopo alcuni lavori di manutenzione e la costruzione di un muro ignifugo richiesto proprio dall’assessore Icardi. Nella Giunta regionale ci sono due assessori astigiani. A loro non importa della salute dei loro concittadini? Si battono abbastanza affinché la Sanità astigiana non venga completamente delegata alla Regione? E in che modo il sindaco Rasero pensa di risolvere questa situazione?”
“Non si pensi di lasciare l’ospedale Cardinal Massaia in questa situazione e si cerchino altre possibilità – continua Ferlisi – Si potrebbe valutare l’ospedale di Nizza Monferrato; se si spostassero li i reparti Covid si sgraverebbe l’ospedale di Asti dalla cura del Covid, riprendendo le attività di cui il presidente dell’Ordine dei medici, Claudio Lucia, ci porta all’attenzione spiegandoci i grandi numeri di 30 mila richieste di prestazioni di esami e visite ferme di cui i cittadini hanno necessità”.

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