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soldi e gioielli
Cronaca
Processo

A 81 anni riconosce con certezza al processo il falso tenico che l’ha derubata

Importante testimonianza di una donna vittima della truffa del “mercurio nell’acqua”

Ha 81 anni e a distanza di quattro anni è stata in grado di descrivere con precisione al giudice quell’uomo che si è introdotto nella sua cucina spacciandosi per tecnico dell’acquedotto: era un ragazzone alto, aveva bei lineamenti, capelli brizzolati, gentile.
E quando le sottopongono alcune fotografie da riconoscere, non ha esitazioni nell’indicare lo stesso uomo che aveva già indicato ai carabinieri con assoluta certezza.
Una storia di truffa ad anziani, quella sulla quale il giudice Colombaro dovrà andare a sentenza; di quelle che troppo spesso i giornali riportano, dove a variare sono solo i pretesti dei malfattori per entrare nelle case delle persone più fragili per depredarle.
«Ero in casa da sola – ha raccontato la donna – stavo cucinando quando ho sentito un’auto in cortile. Ho pensato fosse mio marito che tornava da una commissione e non mi sono affacciata. Pochi minuti dopo mi sono girata e ho trovato un uomo dentro la mia cucina. Mi ha raccontato di essere un addetto dell’acquedotto, era vestito con un giubbottino catarifrangente e portava una cartellina sotto il braccio. Mi ha detto che c’era del mercurio nelle tubature e che una mia vicina era già finita in ospedale per aver bevuto l’acqua contaminata. Era urgente fare un controllo. Ma il mercurio, mi ha detto, è molto pericoloso dunque era bene che mettessi denaro e gioielli in un sacchetto da posare nel frigorifero il quale, avendo le pareti schermate, non lasciava passare eventuali radiazioni». Così la donna ha fatto e quando l’uomo le ha fatto aprire il rubinetto, ha visto uscire, insieme all’acqua, del fumo, probabilmente creato con una bomboletta spray. Un po’ di intontimento e, alla piena ripresa delle facoltà, il sacchettino era sparito. Con un bottino di oltre 30 mila euro.
E’ successo in un paese del Nord Astigiano la cui giurisdizione era dei carabinieri della stazione di Montafia che avevano raccolto poco prima la denuncia di due episodi simili a Cortazzone, sempre da parte di un falso addetto dell’acquedotto.
Le indagini dell’allora comandante Alessandro Bernini in collaborazione con i colleghi di Canale che tenevano d’occhio un’auto di colore scuro segnalata anche nei colpi dell’Astigiano, hanno portato sotto processo due uomini, padre e figlio, residenti nel Trevigiano.
A loro carico vi è la geolocalizzazione attraverso il posizionamento dei telefonini cellulari, nelle ore in cui sono avvenuti i colpi, proprio nell’Astigiano. E poi il riconoscimento con certezza da parte dell’anziana che si è costituita parte civile con l’avvocato Lavagetto ed ancora, a confermare la presenza dei due nelle zone in cui sono state perpetrate le truffe, i verbali di alcuni controlli dei carabinieri su strada.

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