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Cronaca

Asti, obbligavano le ragazze a prostituirsi e le pestavano se non guadagnavano abbastanza

A capo dell’organizzazione due fratelli albanesi ora in carcere. Anche due “colleghe” delle ragazze indagate e un italiano che faceva il servizio “navetta”

Cinque arresti dei carabinieri

Una bruttissima storia è venuta a galla grazie alle indagini dei carabinieri della Compagnia di Canelli e ha portato all’arresto di due uomini albanesi, ai domiciliari per un italiano e una donna albanese e all’obbligo di dimora per una connazionale di quest’ultima.

Gravissime le accuse  a loro carico: rapina, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.

Tutto è nato a fine febbraio di quest’anno quando una pattuglia di carabinieri è intervenuta sulla statale di Isola, davanti al Cimitero, zona ormai tristemente famosa per la prostituzione. A chiamarli era stata chiamata una giovane donna albanese in evidente stato di choc che presentava dei lividi e delle lesioni alle gambe, ai polsi e alla testa. Durante il soccorso la ragazza ha detto di essere stata aggredita da due connazionali che l’avevano picchiata con lo sgabello sul quale si sedeve in attesa dei clienti. Le avevano anche preso il telefono cellulare e l’avevano abbandonato lì per strada, nonostante le ferite e le contusioni.

Non si sono limitati a “registrare” l’aggressione in strada e hanno indagato per risalire la catena dell’organizzazione che obbligava la ragazza a prostituirsi.

Grazie anche a numerosi pedinamenti e appostamenti, hanno ricostruito come funzionava l’organizzazione formata da 4 albanesi e un italiano che gestivano sul territorio astigiano e albese  la prostituzione di giovane ragazze che provenivano dall’Albania. Le “piazze” controllate dal gruppo erano quelle di Isola, Costigliole, Vigliano, Agliano, Monticello d’Alba ed Alba.

Al vertice della banda ci sono due fratelli albanesi, O. T. di 39 anni e T. T. di 45 entrambi domiciliati ad Asti e incensurati. Erano loro i gestori del gruppo di ragazze che convivevano in un appartamento del centro di Asti con due donne che si prostituivano e aiutavano i fratelli nel controllo delle altre “colleghe” più recalcitranti.

C’è poi l’italiano, U. C. di 73 anni, residente ad Alba, incensurato, che svolgeva il ruolo di “taxista” per la banda accompagnando le ragazze alle piazzole loro assegnate in cui attendere i clienti.

Durissime le regole per le ragazze che finivano nella rete dei due fratelli: le botte erano all’ordine del giorno, soprattutto quando non guadagnavano abbastanza. E non importava se dipendeva da fattori estranei a loro, le punizioni erano sempre severissime. E, ovviamente, la quasi totalità dei proventi dell’attività di prostituzione erano incassati dall’organizzazione.

Secondo quanto ricostruito dai carabinieri guidati dal capitano Alessandro Caprio, questo racket andava avanti da tre anni con un’unica pausa, quella della primavera scorsa a causa del lockdown. I due fratelli erano rientrato per un po’ in Albania ma ai primi di giugno erano tornati per riprendere la loro “attività” con le ragazze.

Le ordinanze sono state già tutte notificate e i due fratelli si trovano nelle carceri di Asti ed Alessandria in attesa dell’interrogatorio di garanzia davanti al Gip. Durante le perquisizioni sono stati trovati dei soldi in contanti ritenuti una parte degli incassi sottratti alle ragazze.

 

 

 

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Una risposta

  1. A prescindere dai riti voodoo, in ambito di prostituzione tra soggetti maggiorenni, mi domando il motivo per il quale a cadere vittime della tratta di persone a sfondo sessuale debbano essere sempre le donne straniere, mentre quelle italiane ne debbano essere quasi esenti, sia in Italia, sia all’estero ed il motivo per il quale i marciapiedi del sesso a pagamento si svuotano durante le vacanze natalizie e pasquali e ad una certa tarda ora di notte, per non dire d’osservare le stesse professioniste con uno smartphone in mano ed anche un’autovettura a disposizione. La risposta a tutto questo è quella che la schiavitù del sesso a pagamento non è molto diffusa.

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