Questi erano i giorni in cui un gruppo di volontari ambientalisti e animalisti si alternavano nella valle di Capriglio, mattino e sera, per aiutare i rospi ad attraversare la strada e raggiungere il laghetto dove si sarebbero riprodotti.
Oggi non ci sono più i volontari, non ci sono le bandelle di plastica che impedivano ai rospi di attraversare da soli con il rischio di essere schiacciati dalle auto in transito e, soprattutto, non ci sono più i rospi.
«In tanti ci avranno preso per un po’ matti allora – dice Silvia Voltolini, promotrice di quel singolare progetto di salvataggio – ma noi conoscevamo bene la delicatezza dei rospi che vivono e si riproducono solo in ecosistemi molto complessi e, purtroppo, fragili. Ne abbiamo salvati a migliaia, 400 al giorno»..
Un anfibio che non solo è un fenomenale “bioindicatore” della qualità ambientale di un luogo, ma è anche un prezioso animale “pulitore” di insetti molto fastidiosi per le persone e per le colture.
Rospi che “risalivano” dalla valle fra Montafia e Villafranca per raggiungere il luogo in cui erano nati, così come era rimasto nel loro imprinting. Rospi che avevano memoria del percorso da fare, sicuri di trovare nel laghetto il luogo adatto per riprodursi. L’unico vero killer erano le auto che, ogni sera, facevano strage sull’asfalto. Di qui l’idea, all’inizio della stagione di riproduzione, di sistemare delle bandelle a bordo strada in modo da impedire ai rospi di raggiungerla: se provavano a saltarla finivano dentro secchi che ogni giorno i volontari provvedevano a “vuotare” dall’altra parte della provinciale per consentire ai rospi il rush finale verso il lago e verso la riproduzione.
Una volta raggiunto lo specchio d’acqua, i rospi vi rimanevano circa un mese e poi cominciavano la migrazione di ritorno e i volontari tornavano a sistemare le bandelle e a fare lo stesso servizio di “attraversamento” della strada al contrario.
«Il lago di Capriglio era un posto perfetto per loro – prosegue Silvia – Quando l’equilibrio si è modificato a causa di lavori effettuati sulle sponde e per l’immissione di pesci da pesca sportiva nelle acque, i rospi hanno smesso di tornarci, perchè i nuovi abitanti del lago avrebbero mangiato le loro uova. E, semplicamente, sono scomparsi. Oggi se ne vedono ancora lungo la valle di Montafia, ma sono pochissimi sopravvissuti (rispetto ai numeri di qualche anno fa) diretti a piccole pozze d’acqua che non garantiscono la sopravvivenza delle uova. La “finestra” temporale per riprodursi è molto breve, un mese circa dall’uscita del letargo».
Chissà quanti anni occorrerranno per ristabilire quell’habitat perfetto per consentire non solo ai rospi di tornare a riprodursi, ma anche, ad esempio, alle cicogne di scegliere quell’oasi naturalistica per fare il nido e deporre le uova come era accaduto per due anni consecutivi.