Il bando di vendita prevede un lotto unico, “un’azienda composta da complesso dei beni, mobili ed immobili, organizzati per l’esercizio dell’attività socio-assistenziale e socio-sanitaria accreditata presso Regione Piemonte, con sede in Asti, via Giuseppe Bocca”. Si tratta della Casa di Riposo “Città di Asti”, l’ex Ipab più grande del Piemonte, che ha chiuso i battenti lo scorso 31 dicembre provocando l’indignazione della città, la rabbia dei lavoratori e dei sindacati e lo sgomento di molte famiglie con parenti ospitati nella struttura, poi trasferiti d’urgenza in altre Rsa del territorio.
Nei giorni scorsi l’ex presidente del Tribunale Giancarlo Girolami (oggi in pensione) ha autorizzato il bando di vendita dell’immobile, poi firmato dai liquidatori Roberto Frassinelli, Alberto Abbate e Luca Geninatti Satè. La Casa di Riposo è stata messa all’asta con un prezzo base di 9.300.000 euro e rialzi minimi da 50.000 euro. Il termine ultimo per la presentazione delle offerte è mezzogiorno del 15 dicembre. L’eventuale aggiudicatario dell’asta si impegnerà “a mantenere l’occupazione o, quantomeno, a garantire ai lavoratori trasferiti, sino al 31 dicembre 2024, la percezione di un’indennità pari all’80 per cento dello stipendio spettante alla data del trasferimento”.
Coloro che parteciperanno al tentativo di vendita dovranno costituire una cauzione pari al 10% dell’importo a base d’asta. Sempre nell’avviso è indicato che “la continuità dello svolgimento dell’attività sanitaria accreditata presso la suddetta struttura deve essere assicurata dall’aggiudicatario, che è pertanto tenuto al subentro mediante voltura dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività sanitaria e del relativo accreditamento”.
C’è quindi speranza che i servizi sociali nell’ex Casa di Riposo possano avere un futuro? In realtà, a sentire il segretario provinciale della Cgil Luca Quagliotti, il bando, scritto in quel modo, «non dà tutte quelle garanzie che speravamo di avere sia per il personale, rimasto ancora senza lavoro, sia per i servizi che dovrebbe ospitare la struttura». «Ad oggi sono 26 i disoccupati e quel bando – spiega Quagliotti – si contraddice quando da un lato impegna a mantenere l’occupazione, ma dà anche libertà di non riassorbire i lavoratori garantendo un’indennità per meno di un anno. Ci dà più l’impressione che sia una mera vendita immobiliare, per fare cassa e avere soldi con cui pagare i crediti, mentre avremmo preferito che nel bando si chiarisse quali servizi socio-assistenziali dovranno essere erogati, magari suggerirne di nuovi o non ancora presenti in città con la richiesta di presentare un project financing da parte dell’eventuale compratore. Ad Asti mancano posti letto per i neurovegetativi, l’housing sociale, l’hospice e quel bando avrebbe dovuto dare un indirizzo politico in tal senso, che purtroppo non c’è».